Siamo arrivati al secondo atto del nostro viaggio col vento tra i capelli; quale miglior incedere, dopo aver conosciuto la nuova Miata my2015 settimana scorsa, di raccontare direttamente la primissima, mitica MX-5 del 1989?
L'estetica riprendeva le spider italiane ed inglesi degli anni '60, in particolar modo la Lotus Elan. Si cercarono di disegnare linee il più pulite e semplici possibili così da creare tratti longevi ed attuali. Davanti, una presa d'aria ovale compone una "bocca" con i mitici fanali a scomparsa (in voga nelle supercar di metà anni '80, inizio anni '90) come occhi; dietro, due fanali arrotondati, la quale forma li rese senza tempo a tal punto che vi ci si ispirò pure per la NC...e vennero esposti al MoMA di New York per il loro design. Linee così semplici consentirono di presentarsi gradevoli anche con l'hard top. Infine, la bombatura sul cofano, che ritroviamo pure sulla nuova ND. I cerchi ricordano i fantastici Minilite delle sportive inglesi.
Si alza il cofano e si trova un 4 cilindri 1600 cc. I tecnici giapponesi studiarono mesi come riproporre il rombo delle spider italiane (e, per la mia esperienza, ci sono riusciti eccome). Ma non può non arrivare all'occhio lui, il glorioso bialbero, capace di solleticare pure un cuore alfista. Su strada la Miatina l'ho sempre trovata pronta e scattante, nonostante i 116 cavalli, grazie ad una progressione fantastica. Con un aspirato così, non si sente la mancanza di un turbo e poi...che piacere di guida! Giusto un appunto, al cambio manca la sesta marcia per essere perfetto ai giorni nostri; a 100 km/h nell'abitacolo predomina il rumore di un motore a 3000 rpm. Tuttavia la Miata si fa perdonare nelle strade tutte curve, perchè con leva cortissima e innesti ben definiti e precisi ti fa divertire e non poco.
Il mio esemplare era dotato di autoradio Mazda Dolby ed interni in pelle nera (i quali, complice la capote pure nera) diventavano un forno d'estate. Poco male, bastano 3 secondi per sbloccare la capote e lasciarla cadere dietro alle spalle! La strumentazione (in miglia orarie, of course) è completa ed elegante; cinque begli elementi analogici. Per me un pregio che a Hiroshima non avesse preso piede la moda in quegli anni delle strumentazioni digitali. L'abitacolo non è molto spazioso (sono alto 1.82 e per entrare dovevo calarmi in un certo modo), ma fino al metro e 86 ci si sta discretamente. Si fa l'abitudine del volante che sfrega sulle gambe e la leva del cambio è talmente corta che la si muove quasi solo di polso con il braccio fermo sul bracciolo. Assente il climatizzatore, l'areazione è adeguata, complice il piccolo abitacolo. Scordatevi dei comodi poggiatesta, con sedili a misura di giapponese.
Su strada è come ne avete sempre sentito parlare, anzi, meglio. Lo sterzo è diretto, sincero, preciso, praticamente senza punto morto. Il cambio affilato ma non troppo contrastato; si va di curva in curva con scorrevolezza e il motore prende i giri che è una bellezza. La frenata con quattro freni a disco è sicura, anche se manca l'ABS; tuttavia glielo perdoniamo alla Miata e ai suoi 980 kg, pure sportivette leggere odierne ne fanno a meno. E poi il differenziale optional ti butta dentro alla curva in maniera molto efficace, si riescono a fare i tornanti a velocità insospettabili. Insomma, ci si spalma sul sedile molto facilmente.
Infine, con simpatia, vi sfato il mito del bagagliaio piccolo. Certo, la ruota di scorta ingombra, ma ci si adatta. Io personalmente ho smobilitato la mia dotazione da studente fuori sede a fine anno accademico, amico con bagaglio compreso; basta fargli tenere la ruota di scorta tra le gambe! A capote chiusa, nel suo alloggiamento di quando è aperta, trovano posto ben due trolley formato Ryanair, ben bloccati dai poggiatesta, quindi si va in vacanza in due tranquillamente.
A presto con l'ultima parte di questo speciale sulla presentazione della nuova Miata. Concluderò con le due MX-5 "di mezzo", NB ed NC!
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