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Una serie di riflessioni sulla sicurezza in pista.

Stamattina durante il GP del Giappone disputatosi a Suzuka valevole per il mondiale di Formula 1 passerà agli annali non per una grande vittoria o una bellissima battaglia tra due piloti, magari in lotta per la vittoria o per un posto sul podio, bensì per il tragico incidente che ha visto il giovane pilota della Marussia Jules Bianchi sbattere ad alta velocità contro una gru che in quel momento stava procedendo a rimuovere la Sauber di Adrian Sutil, uscita di pista.
Le condizioni del giovane pilota sono gravissime e al momento sta lottando tra la vita e la morte. 
L'impressione che ho è quella di rivivere per una seconda volta quel maledetto 23 Ottobre di tre anni fa, in cui perse la vita a Sepang Marco Simoncelli. 
C'è la stessa tensione, la stessa atmosfera pesante di quando un incidente è così grave che viene messa a grosso rischio l'incolumità del pilota.
Ovviamente spero che l'esito sia diverso da quella maledetta gara e spero che in un futuro non troppo lontano Bianchi ritorni a correre sui circuiti di tutto il mondo.
Ora come ora mi vengono spontanee delle riflessioni delle quali mi sento di condividere con voi lettori.
In primo luogo, è davvero brutto rivedere lo spettro della morte che aleggia sulla F1, specialmente a seguito di tutti gli importanti progressi fatti per la sicurezza attiva e passiva. 
Non è possibile che, dopo l'importante crociata promossa dalla FIA (e di tutte le associazioni di piloti) a favore della sicurezza in pista, ci debba essere un rischio così grande per via di una disorganizzazione da parte dello staff di sicurezza e della direzione di gara. 
Come mai, dopo aver introdotto il dispositivo HANS obbligatorio per i piloti, dopo aver obbligato gli ingegneri a calmierare le bocche di fuoco che spingevano le monoposto, dopo aver obbligato i vari enti che gestiscono i circuiti ad inserire delle varianti nei punti piu' veloci, si deve assistere all'operato di uno staff totalmente disorganizzato (scusate il gioco di parole) e si deve assistere ad un forzato proseguire della gara con una gru in una via di fuga in condizioni di visibilità quasi nulla?
Come mai, dopo molti incidenti fatali dovuti alla mancata specializzazione delle direzioni di gara dei circuiti (come quello di Riccardo Paletti a Montreal nel 1982, o quello di Tom Pryce a Kyalami nel 1976), c'è ancora questa disorganizzazione?
Ma soprattutto, perchè deve scappare il morto o il gravemente ferito per apportare delle modifiche serie alla sicurezza?
Perchè, comunque finisca questa storia (ovviamente si spera in positivo), verranno prese delle contromisure per migliorare la competenza della direzione di gara.
Ciò fa venire una rabbia immensa, perchè non si può aspettare un evento del genere per migliorare la sicurezza dei piloti e dei commissari stessi. 
Non stiamo parlando del calcio o del basket o di sport che non hanno lo stesso coefficiente di rischio degli sport ad alta velocità. 
Non stiamo parlando di sport in cui il rischio peggiore per chi lo pratica è un infortunio, stiamo parlando di sport in cui la vita degli stessi piloti è ogni secondo a costante rischio incidente, nonostante l'elevato livello di sicurezza dell'insieme pilota-auto.
E' una chiara e palese mancanza di rispetto nei confronti della vita dei piloti, della vita dei marshall stessi e nei confronti del pubblico e dei team presenti ai box che ci sia una tale disorganizzazione da parte della direzione di gara.
Ed è una mancanza di rispetto ancora peggiore il fatto che certe situazioni di pericolo imminente e potenzialmente grave non vengano riconosciute come tali e ci si limita ad avvisare i piloti con la bandiera gialla, che viene considerata in maniera del tutto relativa.
Come mai non ci si ferma nemmeno davanti a situazioni di pericolo così serie pur di mandare avanti lo "spettacolo"?

La Formula 1 è grande grazie ai piloti che ci corrono, e non per via di uno spettacolo che deve essere mandato avanti a tutti i costi, mettendo a rischio l'incolumità degli stessi piloti.
Migliorare la sicurezza in pista è la piu' grande forma di rispetto per i piloti e per chi lavora nello staff della direzione di gara.

Evidentemente però, alcuni non la pensano così e fanno accadere, seppur in maniera indiretta, queste tragedie.




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